“L’uomo è un animale sociale”, ce lo insegna Aristotele e ce lo insegnano i bambini ogni giorno.
L’uomo si realizza attraverso le relazioni con l’altro e questo aspetto sta alla base di ogni tipo di un’azione pedagogica orientata in primo luogo alla persona. L’essere umano è, inoltre, creativo per natura: esso è in grado di rielaborare le proprie esperienze ed esprimerle attraverso vari canali di comunicazione. Fare musica in gruppo diventa dunque un’esperienza di sé e di incontro con l’altro, uno strumento di promozione della persona nel gruppo.
Le dinamiche di gruppo
Un gruppo è un piccolo mondo, un microcosmo fatto di persone, relazioni, dinamiche ed esperienze. Condurre un gruppo è qualcosa di molto complesso: perché possa diventare un’opportunità di crescita insieme è necessario avere uno sguardo aperto, empatia, capacità di accogliere ciò che arriva anche dalle situazioni più difficili. La musica è un canale di comunicazione che ci può aiutare nella relazione e, in gruppo, può diventare una risorsa impareggiabile.
Se parliamo di collettività è fondamentale pensare al gruppo come ad un’entità ed analizzare le varie modalità e dinamiche che si possono attivare.
Ci sono vari modi di lavorare in gruppo:
1. Lezione frontale,
2. In cerchio, con l’insegnante come focus,
3. In cerchio lavorando a turno, l’attenzione non è sull’insegnante ma su ogni membro del gruppo,
4. Imitando un solo membro del gruppo, focus attentivo,
5. Lavori a coppie,
6. Lavori di gruppo.
In genere noi durante i nostri percorsi partiamo sempre dalla dinamica più spontanea del cerchio in cui si fa riferimento all’insegnante. Questa è una dinamica spontanea perché è sicura, richiama il rapporto mamma-bambino, imito qualcuno e creo una “base sicura” . Secondo noi è importante porre molta attenzione ad evolvere questa forma di dinamica, altrimenti rischia di sfociare in una dinamica più riferita all’animazione che all’educazione, della serie “tutti con me!”.
Gradualmente trasformiamo questa dinamica, partendo dal turno, poi lavorando a coppie. Il lavoro di gruppo va preparato: è la trasformazione da una dinamica spontanea ad una più strutturata. Per poter lavorare a gruppi con i bambini dobbiamo fornirgli degli strumenti pratici da poter mettere in atto. Oltre che la gradualità che ci permette di passare dal singolo (turno), alla coppia e al piccolo gruppo, può essere utile fornire un modello operativo: inventare una danza tutti insieme può essere un modo per offrire un modello mostrando a loro come cerchiamo di ascoltare le idee, di renderle funzionali, di ascoltare le esigenze di ogni membro del gruppo.
L’inclusione (quella vera) nel gruppo
La musica non è unisono, è concertazione: come in orchestra ogni sezione ha la sua specialità, anche nella didattica è compito dell’insegnante trovare la specialità di ogni bambino: ognuno ha una sua particolare inclinazione verso l’uso del corpo, dello strumentario o della voce. Riuscire a comprendere questo e sintetizzarlo musicalmente e relazionalmente attraverso le attività integrate significa “concertare”, intrecciare i ruoli e rendere quindi autenticamente inclusiva l’esperienza musicale.
Le classi di oggi mostrano una grande complessità: ci sono tanti bambini con BES, certificazioni DSA, ADHD, bambini con disabilità fisiche e cognitive. Si può fare musica con tutti, perché ognuno può trovare il suo spazio, il suo ruolo.
La ricchezza del nostro modo di fare musica non crediamo sia tanto nell’essere così inclusiva per sua natura (il che è già un elemento fondamentale), quanto piuttosto nella capacità di instaurare nei bambini la sensibilità e l’empatia verso l’altro. La capacità di accogliere un errore e trasformarlo in una novità musicale, di prendere un’idea e rielaborarla richiedono una grandissima competenza: l’ascolto.
Crediamo che l’ascolto sia la premessa all’inclusione, un’inclusione personale, musicale, relazionale.
Un’inclusione che non si limita ad essere integrazione, non basta essere nella stessa stanza, sullo stesso palco: includere significa condividere, riconoscere e sentirsi parte della stessa realtà, nel nostro caso una realtà musicale che, però, abbiamo già visto essere anche (o forse prima di tutto) umana.
Gli aspetti musicoterapici
Il fatto che il nostro modo di fare musica metta al centro il bambino significa senza dubbio che pone un’importanza grandissima agli aspetti personali, relazionali ed emotivi della persona. Se ci conoscete da un po’ sapete che, oltre ad educatrici musicali siamo anche due musicoterapeute con una specializzazione nella perinatalità.
Esistono sicuramente degli aspetti musicoterapici che ritroviamo anche nel lavoro didattico con i bambini. Attraverso la musica è possibile:
Attivare il bambino
Gratificare il bambino che comprende che la sua proposta è stata considerata.
Imitare e rispecchiare.
Costruire qualcosa insieme.
Individuare le singole specialità: la nostra è una linea pedagogica per gruppi di persone diverse. Passando dalla dinamica uno/tutti, fino ad arrivare alla concertazione, in cui si possono sviluppare le singole abilità di ciascuno nell’ottica di una musicoterapia integrativa.
Potremmo dunque dire che la didattica musicale e la musicoterapia costituiscono due aspetti di una realtà che ha come fondamento non dei contenuti culturali da inculcare o dei metodi rigidi da applicare, ma piuttosto le persone alle quali offrire una crescita su misura, determinata dalla personalità, attitudini ed inclinazioni di ognuno.
Come risuonano in te queste parole?
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